Questa volta, invece di fare la classica intervista, ho preferito lasciare spazio totale al bellissimo e toccante racconto di Paola Bertinotti, figlia del grande Piero, pietra miliare della cucina piemontese.
Ho scritto più volte del ristorante Pinocchio a Borgomanero, uno dei miei locali del cuore, non solo per la qualità della cucina, ma anche per la straordinaria umanità di padre e figlia, due personalità diverse che si integrano e completano perfettamente: lui apparentemente austero, fortemente radicato alle sue origini, ma la cui corteccia è in realtà sottilissima e non in grado di celare davvero quel cuore immenso che lo tiene legato anima e corpo, finché ne avrà le forze, al suo Pinocchio. Lei più aperta, scherzosa, ma anche volitiva, dinamica, con spirito imprenditoriale, in grado di tenere botta anche nei momenti più difficili. Ed è proprio Paola che ci racconta come hanno affrontato questo periodo di pandemia, visto davvero dall’interno, senza giri di parole. Buona lettura!
“A Primavera lo shock è stato il sentimento forte che ci ha accompagnati durante il lockdown, a novembre la delusione. Ricordo l’ultimo servizio prima della chiusura di marzo. Sabato sera, locale pieno, baci e abbracci, misure preventive giusto la mascherina (i ristoranti hanno comunque un piano hccp molto rigoroso). Un cliente che è anche un caro amico è professore specializzato in virologia a Milano. Passa come sempre molto tempo al telefono ma quella volta non riusciva a stare nemmeno a tavola. Alle 9 si siede, faccia tesissima e mi dice “Paola, chiudono la Lombardia”. L’effetto per me è stato come vedere scendere un UFO in giardino. Non scherzo. Ho finito non so come il servizio.
L’indomani ho chiuso il ristorante con qualche giorno di anticipo sulle disposizioni. Per quindici giorni mi sono tenuta lontana dai miei genitori per il timore di infettarli, visto il mio lavoro in sala. Per mio padre è stato ancora peggio. Gli è stato tolto tutto quello che aveva importanza, la famiglia, il lavoro, il rapporto umano, e la sua vita aveva perso completamente sostanza. Ma da uomo grandissimo quale è, anche quella volta è stato lui a sostenerci e a insegnarci a non avere “mai paura”, il suo motto.
Così la paura si è trasformata in un nuovo modo di sentire amore, verso tutto. Per un momento ho persino creduto possibile che questo nuovo sentimento sopito sotto le regole dell’interesse personale, del dio danaro, dell’ottuso sfruttamento/inquinamento globale si fosse risvegliato nei cuori della gente perbene e che ci fosse data la possibilità di resettare il mondo, la possibilità di un nuovo vero inizio. E invece no, il gregge non immune alla stupidità torna inesorabile a maltrattare la vita, pensando che quel modo di agire sia vera libertà. La seconda chiusura totale per noi è stata la delusione di aver fallito. La gente continua a morire, siamo in balia di un virus intelligente, subdolo e malefico.
Il mondo non cambierà ma noi siamo cambiati. Ancora più sicuri dei veri valori ci stiamo dedicando a deconcettualizzare il nostro lavoro. Un po’ come quando andava di moda la cucina destrutturata, vedere un piatto completamente nuovo usando gli ingredienti originali. Così il mio giovanissimo papà con la sua prudente cuoca Janna e il serio nipote cuoco Francesco hanno studiato come rendere trasportabili i nostri piatti, cioè come farli arrivare sia caldi che belli a destinazione. Questa missione è stata completata con successo e non sarà mai più abbandonata. Ci sono persone che per diversi motivi non possono andare al ristorante, è una gioia vedere la loro felicità quando ci aprono la porta di casa. Poi abbiamo fatto nuovi lavori nel ristorante, abbiamo aperto una graziosa enoteca.
A lavori ultimati il commento di papà è stato “mia figlia è bravissima a realizzare i miei sogni”. Impagabile! Un’altra cosa importante è che acquistiamo 100% italiano, possibilmente biologico e da piccole realtà. Mio papà vorrebbe proiettare il tricolore sul ristorante, ci sentiamo orgogliosamente Italiani, la nostra Italia non teme nessuno. Per ora non ci sono ancora riuscita ma non è detto… Ecco, questo è il nostro contributo al mondo.
Il contributo dello stato è stato molto importante, per noi abbastanza puntuale ci ha dato la possibilità di chiudere senza problemi tutte le fatture aperte e di poter affrontare le spese di approvvigionamento senza preoccupazioni. Di guadagno non se ne parla, invece di perdite si potrebbe scrivere un trattato. Però un po’ con il nostro fieno, un po’ con il fieno dello stato è stato ed è possibile pensare che ci sarà ancora un domani. Mi dispiace moltissimo per i miei figli e per tutta la gioventù, ripenso alla mia e mi rendo conto di essere stata fortunatissima. Almeno ne usciranno temprati, e come dopo una guerra con una voglia di fare incredibile.
Aggiungo solo che il governo non è stato consigliato benissimo. Al Bar e al ristorante è possibile mantenere le distanze, la gente passa il 95% del tempo seduta. Ci siamo organizzati con menu digitali, abolito tutto quanto potesse essere toccato da più persone, sanifichiamo che manco in una sala operatoria! Pensa che questa estate abbiamo tolto anche le porte. Per il nostro settore più apertura e tanti controlli. Saremmo stati tutti contenti. Invece di piazzare l’autovelox sul rettilineo limite 50 all’ora, come ieri a Borgomanero, che i vigili vadano a controllare tutto il territorio. Mi stupisce che la moglie del presidente Conte sia albergatrice… . Ho scritto io ma sono portavoce della famiglia, parliamo e condividiamo molto, viviamo insieme e la vita ce la costruiamo noi ogni giorno. Bon, basta”.
Roberto Giuliani